La seconda stagione porta su schermo le vicende di un’Atlanta degli anni ’80
Mi ritrovo nel classico momento morto a lavoro: davanti un PC ed una tastiera. Non posso allora non cogliere questa succulenta occasione per scrivere alcune brevi riflessioni sulla nuova stagione di Mindhunter, che azzardo nel definire “interessante”. Non può negarsi l’immenso successo che da sempre riscuotono queste pazzesche serie televisive poliziesche, partendo dalle più vetuste, ma sempreverdi, “La signora in giallo”, “Magnum P.I.” e “Cosby Indaga”. Che Cosby Bill, oltre a drogare donne, indagasse anche, per me era un mistero, ma la storia è storia e non può essere cambiata.
Con Mindhunter si cerca di andare oltre il solito schema crimine > indagine > arresto; in Mindhunter si inseriscono nella trama immense pippe mentali finalizzati a delineare il profilo del criminale seriale di turno. Ciò che però la rende diversa dalle tante – e simile a poche – è la realizzazione su schermo di fatti realmente accaduti. L’unità di scienze comportamentali e lo studio dei vari Charles Manson, Tex Watson, Edmund Emil Kemper III e simili sembra “fare il verso” all’inarrivabile “Il caso O.J. Simpson”, riportando alla luce – grazie all’avveniristica tecnologia della televisione – fatti storici di cronaca nera, definita tale perché avente ad oggetto omicidi non necessariamente con persone nere coinvolte.
Questa stagione di Mindhunter, senza cadere in quanto mai poco appropriati spoiler, racconta dei fatti di Atlanta, città per anni lasciata nel suo nulla, per poi ritrovarsi ad essere una grande “metropoli”, con tanto di un aeroporto da far invidia ad Orio al Serio. Mi sembra di raccontare le recenti gesta di Gasperini Gian Piero, attualmente alla guida di un’At(a)lanta per anni ignorata da tutti e che ora si ritrova nell’Olimpo del calcio europeo. Ma se in quel di Bergamo si respira positività in ogni dove, sul suolo d’oltre-oceano c’è quella classica aria di odio razziale a sfondo KKK.
É in questo piacevole contesto bianco-nero che si sviluppano le nuove vicende di Holden Ford e Bill Tench, i due super poliziotti del seminterrato.
Insomma tra la moria di persone e la ricerca spasmodica di un colpevole, prende forma questa seconda stagione di Mindhunter, la quale si rivela essere decisamente interessante e forte causa di binge-watching. Perché quando ci stanno di mezzo i morti, tutto il resto passa in secondo piano – o in seconda serata, tipo Un Giorno in Pretura. Da vedere in attesa di altro. Può stupirvi.
Francesco Benvenuto
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