“At Swim”: viaggio di sola andata per l’Irlanda con Lisa Hannigan.
Non sappiamo che aria tiri dalle parti di Kilcloon, un paesello di soli 300 abitanti sperduto in qualche angolo dell’Isola Smeralda, ma è facile immaginarsi un’ancora adolescente Lisa Hannigan, avvolta in un trasandato cappotto di lana, passeggiare tra casette, brughiere e scogliere a picco sul mare. Fantasticando di evadere per un po’, amare un altro animo vagabondo e tornare infine alla solitudine di quei luoghi, come rapita da un richiamo ancestrale.
Di lei sappiamo che fu la voce femminile dei primi due dischi di Damien Rice – impossibile dimenticarlo. Le testimonianze soliste, finora, due soltanto: “Sea Sew” (2008) e “Passenger” (2011); i sussulti ben pochi in quelle circostanze. Eppure, mai come oggi, siamo certi che qualcosa deve avere spezzato il cuore, a Lisa Hannigan. Lei, classe 1981, bellezza diafana con la chitarra perennemente alla mano, deve aver finalmente capito che non esiste processo più straordinariamente purificativo di un disco intimista, elegiaco, sofferto. Un disco che, fossimo negli anni ’90, sarebbe stato composto, magari a quattro mani, dalla più tormentata Tori Amos e dalla barda d’altri tempi Loreena McKennitt. E che invece, nel 2016, spetterebbe di diritto a Laura Marling. Oppure alla dolce Lisa, che a questo giro spiazza tutti con un’opera magistralmente orchestrata.
In “At Swim” tutto ciò che la figura artistica di Lisa Hannigan incarna – consapevolmente o meno – converge in un tributo al Mare ed alle sue creature. Coloro che, per un istante o per un’eternità, si sono fusi con le sue onde, i suoi sussulti eterni, le sue tonalità cangianti. Affondati, immobili, come tesori dimenticati su freddi fondali (“We, The Drowned”). Oppure dolcemente rapiti dalla risacca (“Undertow”). La mano sapiente di Aaron Dessner (The National) è lì a tenere il timone, mentre la voce di oscilla e cambia continuamente registro, accompagnata dalla fedele chitarra, ma anche da pianoforti, archi ed ottoni di sigurosiana memoria. Ma di tutti questi stratagemmi stilistici non ce ne accorgiamo quasi, perché la bellezza di queste unidici composizioni è davvero stupefacente. E quello che potrebbe essere il canto accorato di una sirena che finalmente ha trovato la via di casa (“Ora”) diventa il canto di un’intera nazione – l’Irlanda – che come poche altre ha saputo preservare e consegnare ai posteri la magia del suo folklore.
ABBIAMO PARLATO DI…
Lisa Hannigan – At Swim
Folk
[PIAS], 2016
01. Fall
02. Prayer for the Dying
03. Snow
04. Lo
05. Undertow
06. Ora
07. We, The Drowned
08. Anahorish
09. Tender
10. Funeral Suit
11. Barton
Marco Belafatti
Latest posts by Marco Belafatti (see all)
- Evanescence: Bring me to life (again). Ma anche no. - 13/11/2017
- Tori Amos: (dolorosa) cronaca di un disastro annunciato - 11/09/2017
- Susanne Sundfør: il dolce canto della solitudine - 09/09/2017