Per un cielo senza paternità, una colonna sonora dei maestri del post-rock atmosferico.
A No Man’s Sky ci ho giochicchiato un poco anch’io, mi sono spoilerato il finale, mi sono reso conto che il randomico (o il procedurale, per usare una parola diventata da vieppiù sconosciuta a tremendamente modaiola) difficilmente, molto difficilmente, partorisce cose belle. Ho visto pianeti giganteshi fatti di texture sgranate che si ripetevano tutte uguali per chilometri e chilometri, ma che erano sapientemente sommerse da tinte tanto sature da ottundere la percezione del bello e del brutto. Ho visto animali orrendi caracollare intorno lamentandosi e muggendo, quasi a implorare di essere uccisi e salvati da un destino di eterna bruttezza. Mi sono imbarcato in viaggi iperspaziali di svariati minuti (minuti veri) per raggiungere nel migliore dei casi un posto identico a quello da cui provenivo, nel peggiore il nulla assoluto. Però c’era una colonna sonora meravigliosa.
Fatto sta, appunto, che a occuparsi delle note che accompagnano il più inutile free-roaming spaziale della storia siano stati i 65daysofstatic, non esattamente l’ultimo gruppucolo uscito da un polveroso garage. Fatto sta, inoltre, che le tipiche atmosfere ariose ed eteree della creatura di Polinski hanno trovato, in No Man’s Sky, la loro dimora ideale: sono note spettacolari e cinematografiche, che si sposano perfettamente con paradisi alieni, brulli ma pieni di luce. Tracce che sanno assopirsi per accompagnare la stasi dei viaggi interstellari, per poi illuminarsi di colpo, come a voler raccontare di grandiose, rosseggianti albe di soli sconosciuti.
Solleticando efficacemente l’immaginario dell’amante della science-fiction con i loro titoli (basti Asimov come esempio), i sedici brani trovano anche ottime alternative alle solite due note infinitamente in delay (per carità, ci sono anche loro): spuntano decisi martellamenti elettronici (Monolith) e aggraziate voci lontane su impercettibili tastiere (Supermoon).
C’è un secondo dischetto un po’ troppo astratto e stiracchiato (in realtà sono un po’ di intermezzi messi in play a caso durante il gameplay allacciati l’uno all’altro) ma il primo basta, eccome se basta. Come per l’opera che gli M83 regalarono a Oblivion prima di mettersi a sfornare roba aberrante, Music for an Infinite Universe ha una dignità tutta sua anche al di fuori delle sessioni di gioco. E se No Man’s Sky può fare schifissimo anche agli individui più facilmente eccitabili da navicelle e camminate spaziali, è assolutamente impossibile che un amante del post resti deluso dall’opera dei 65dos.
ABBIAMO PARLATO DI…
65daysofstatic – No Man’s Sky: Music for an Infinite Universe
Post Rock
Concord Records, 2016
01. Monolith
02. Supermoon
03. Asimov
04. Heliosphere
05. Blueprint for a Slow Machine
06. Pillars of Frost
07. Escape Velocity
08. Red Parallax
09. Hypersleep
10. End of the World Sun
Soundscapes:
11. NMS_exteriorAtmos1 / False Suns
12. Tomorrow / Lull / Celestial Feedback
13. Departure / Shortwave / Noisetest
14. temporalDissent / ascension_test1 / koaecax
15. Borealis / Contrastellar
16. Outlier / EOTWS_Variation1
Riccardo Coppola
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